Il nostro corpo è la casa di cui noi siamo gl’inquilini: e le porte e le finestre non sono altro che i nostri cinque sensi, per mezzo dei quali comunichiamo col mondo esteriore: i nostri cinque sensi, lo sapete bene, sono la vista, l’udito, l’odorato, il gusto e il tatto.
Se l’uomo non possedesse i sensi, starebbe rinchiuso dentro al suo corpo, come un prigioniero dentro una torre senza aperture: non vedrebbe, non udi-rebbe nulla: triste esistenza invero! Tanto varrebbe morire!
Ma fortunatamente la nostra prigione ha delle aperture per mezzo delle quali l’uomo può vedere, udire, e uscire, per così dire, di sè stesso: e volendo esser giusti, il corpo, meglio che prigione, potrebbe assomigliarsi ad una piace-vole abitazione. Queste aperture (seguitiamo a servirci della stessa immagine ) sono gli occhi, gli orecchi, il naso, la lingua e la pelle. Questi organi, dotati d’una speciale sensibilità, sono costrutti in modo da poter adempiere all’ufficio pel quale sono stati destinati, e per mezzo di essi, noi possiamo comunicare col mondo esteriore, appunto come il prigioniero dalle finestre della sua prigione.
La vista e l’udito vogliono esser lodati pei primi, come quelli che ci arreca-no maggiori e più importanti servigi: la vista, col solo mezzo dello sguardo, ci permette di studiar la natura, le opere dell’uomo, con tutti i loro colori, le loro forme, dimensioni e distanze: ci permette di esaminare la fisonomia piacevole o antipatica delle persone che avviciniamo. L’udito ci schiude un mondo invisi-bi le di suoni, di rumori, di musiche, di venti, di tuoni: ci fa conoscere i gridi degli animali e la voce dei nostri simili.
I sensi dell’odorato, del gusto e del tatto ci fanno conoscere gli odori, i sa-pori e il contatto degli oggetti: ma solamente quando queste cose sono in rap-porto immediato cogli organi dei nostri sensi, cioè coll’interno del naso, coll’in-terno della bocca e colla pelle: cioè quando questi odori, sapori e contatti sono già alla portata di nuocerci.
È vero che il senso dell’odorato ci avverte un po’ più da lontano. Gli odori di cui è impregnata l’aria ci fanno conoscere quali fiori soavi e delicati, o quali ammassi d’immondizie si trovano vicino a noi: ma solo vicino a noi, a qualche centinaio di metri tutt’al più; e notate bene che l’odorato ci avverte quando gli odori buoni o cattivi sono già entrati nelle nostre narici: Eccovene una prova: questa è una boccettina piena d’un liquido incolore: annusatela…. Ma voi la res-pingete in fretta e furia: perchè? Perchè contiene una sostanza, il cui odore, pe-netrando nelle vostre narici, vi ha prodotto una sensazione dolorosa. E certe sostanze respirate in tal modo, come per esempio il cloroformio, producono vertigini, svenimenti, insensibilità e perfino la morte. Lo stesso avviene dei sa-pori, i quali non possono venire apprezzati che allorquando sono in contatto colle delicate muccose del pala to e della lingua: cioè quando sono già in grado di ucciderci per mezzo dell’avvelenamento. Una goccia d’acido prussico versata sulla lingua d’un gatto lo uccide immediatamente.
In quanto al senso del tatto, basta esserci bruciati un dito una sola volta per capire che le cose non si toccano a distanza.
I sensi dell’odorato, del gusto e del tatto potrebbero paragonarsi a quei ca-nini da salotto, i quali ringhiano e brontolano quando i visitatori sono già entra-ti in casa: mentre che i sensi della vista e dell’udito ci avvertono in tempo, simi-li a quei vigili cani di fattoria, che abbaiano furiosamente, fino a che i padroni non si sono messi sulle difese.
Il senso della vista è certo il primo agente della nostra istruzione: è esso che provoca e sveglia le nostre idee, che esercita le nostre facoltà di paragone, che influisce sulla natura dei nostri sentimenti e determina fino a un certo punto lo sviluppo del nostro spirito e del nostro carattere. Chi non conosce il potere dell’esempio? In generale i fanciulli fanno quello che vedono fare: ecco perchè essi non dovrebbero guardare che le cose belle e buone.
E chi non riconosce l’influenza che la vista di certi spettacoli produce su noi?
L’aspetto di ridenti campagne, piene di sole e d’ombra: le ardue montagne azzurre, che sfidano le nubi e si confondono col cielo, tutto ciò dispone il nostro spirito a serene fantasie e lo inalza al disopra delle miserie umane.
E pensare che il più gran numero dei nostri simili abita in luoghi infetti, bui, insalubri: in vere cloache di sudiciume! Io le vedo quelle strade nere, buie, ottuse, dove le case trasudano una sordida e perenne umidità, dove i tetti si ba-ciano, dove il sole non entra mai che furtivo, quasi direi vergognoso: io vedo i granai, le cantine, i muri scortecciati, i mobili sudici, gli usci fracassati, le porte corrose dalla pioggia e dal fango! Tristi nidi, dei quali non vorrebbero certo sapere i lupi che dormono tra il verde dei boschi ed hanno per padiglione il ci-elo azzurro!
E l’udito? Supponiamo che l’uomo ne sia privo! Addio, graziosi effetti dell’eco: addio sublimi musiche dei grandi maestri! Addio, canti melodiosi dei grandi artisti! Il mondo dei suoni è morto. Voi non udrete più lo stormire mis-terioso delle frondi, il placido mormorìo del ruscello, il tremendo fracasso dell’oceano in tempesta: quante minaccie abbia il tuono, quante promesse l’on-dulazione delle grosse spighe di grano che si soffregano tra loro, voi non lo saprete più. I gemiti del violino, il rullìo de’ tamburi, il fragore delle trombe, il canto degli uccelli; la voce dei quadrupedi, il ronzìo degl’insetti, tutto tace! Tut-to è morto per voi: la natura vi nega le sue armonie: Essa è sepolta, per voi, in un eterno silenzio.
Tutto questo vi farà comprendere qual grave perdita sarebbe per noi quella dell’udito! Il viaggiatore che di notte tempo percorre la lunga sua via, canta: non già pel gusto di cantare, ma per udire una voce! L’urlo d’una bestia feroce, il fischio d’un serpente, lo stormire delle fronde, bastano per avvertirlo dell’imminenza d’un pericolo: ma guai se egli non udisse quell’urlo, quel fischio e quello stormire.
Fra tutti i suoni che il nostro udito può afferrare, il più simpatico, il più lieto, il più eloquente, il più melodioso è quello della voce umana: e dico della voce umana, poichè anche gli animali hanno la loro voce e sanno benissimo che il senso dell’udito è posseduto dall’uomo. Essi, infatti, modulano la loro voce per accarezzarlo, minacciarlo, implorarlo a seconda dei casi. Il cavallo, all’app-rossimarsi del padrone nitrisce di gioia: il leone del serraglio ruggisce quando qualche ragazzo imprudente sfrega con la mazza il suo gabbione di ferro: il ca-ne si lamenta quando il padrone lo lascia solo in casa e il passerotto fischia all’avvicinarsi della mamma, che gli porta il cibo. Noi certo non possiamo pe-netrare nei particolari di ciò che si dicono gli animali cantando, ruggendo, ab-baiando: non possiamo capirli perchè non siamo simili a loro: e perchè le inflessioni, le modulazioni, le sfumature della loro voce non sono tali da potere essere afferrate chiaramente dal nostro udito.
E neppur gli animali posson capire le finezze del nostro linguaggio. Crede-te che il vostro canarino si accorga di quando gli parlate in prosa o in versi? V’immaginate forse che il bove capisca il linguaggio del padrone, quando questi lo vende al macellaro?
Qual differenza, invece, allorchè l’uomo indirizza la parola agli esseri della sua specie! Una parola, un semplice monosillabo bastano per farci intendere!
Lo volete sapere, fanciulli, perchè l’udito e la parola dell’uomo sono stati organizzati da Dio con una perfezione incomparabile?
Eccovelo il perchè:
Perchè la parola dell’uomo è fatta per pronunziare la verità; e il suo udito per ascoltarla.
La verità è l’affermazione della giustizia, dell’onestà, della bontà, della virtù e del dovere. Guai a chi mentisce, a chi schernisce, a chi calunnia! Guai a chi presta orecchio, senza protestare, alla vile maldicenza! Guai a chi non sa valersi degnamente dei doni di Dio o, peggio ancora, li fa strumenti di passioni malvagio.
Preghiamo, fanciulli, affinchè il Signore ci preservi dalla vergogna di pro-fanare la parola e l’udito!