Ieri, per ammazzar la noia, ho preso una cicala e le ho raccontata la famosa favola che corre sul suo conto.

La cicala m’ha ascoltato fino all’ultimo, tacendo, poi m’ha detto: — La favola mi insegna quanto voialtri uomini bramiate la Ricchezza!

Ma la verità si è che, per noi, altra Ricchezza al mondo non conosciamo se non quella che ciascuna creatura nascendo riceve in dono dalla Natura.

E la nostra immensa Ricchezza è il canto, e noi cantiamo perdutamente: e non già per piacere a voi che ci calunniate, ma per piacere al Sole che ci ama!

Strana fantasia la vostra! Noi bussare alla porta della esosa formica?!… e perchè mai?

Forse per poter vivacchiare un’invernata?… Ma d’inverno il Sole se ne va lontano, e non ci udrebbe cantare: e allora è inutile per noi vivere!

Forse per ricantare alla nuova Estate?… Ma non vedete che se noi moriamo, il canto non muore mai? N’abbiam seminate tutte le valli: e il Sole ritornando sarà salutato da voci più fresche e più canore delle nostre!

Come potrebbe dunque dolerci di morire?… e come potremmo desiderare le miserevoli e sudate ricchezze che piacciono tanto alle formiche e a voi?

E ciò detto se ne volò.