Perelà è chiuso nelle sue stanze indisposto.

È venuto il medico di corte a visitarlo ma ha detto che non sapeva assolutamente che cosa fare, non è nemmeno riuscito a trovare il cuore ed il polso dell’infermo, ha concluso rifiutandosi ad ogni costo a prodigare le sue cure ad un uomo di fumo, ed ha aggiunto ritenere l’indisposizione una bella fandonia, uscendo dalla stanza ha scosso le spalle in una maniera assai villana senza neanche salutare Perelà.

Non è una fandonia, Perelà si sente male davvero, dopo la scena nella via, scampato solo quando i monelli furono stufi del loro giuoco, rientrato nella reggia, ieri sera, si sentiva male, proprio male, tutte le sue fragili membra erano lacerate, non poteva dire preciso dove avesse una pena, ma certo era sofferentissimo, avvilito, umiliato, i begli occhi grigi erano ancora piangenti, si sentiva la testa vuota ed era di tratto in tratto serpeggiato da brividi fortissimi.

Gli stivali gli sembravano ora freddi al contatto delle gambe, e tutto l’ambiente gelido…. sentiva un bisogno eccessivo di riscaldarsi, ma data la bella stagione primaverile non ci poteva essere una stufa accesa ed egli non osava domandare.

Nessuno è venuto da lui, solamente quel medico per due minuti e che se ne è andato in una maniera tanto villana.

Egli pensa: «che cosa accade? Oh! non fossi mai ritornato! Io ero felice ieri lassù, e mi sentivo già tanto vicino al cielo. Perchè sono ritornato? Che cos’ha dunque questa terra che mi ha attratto un’altra volta nel profondo delle sue insenature, nel freddo delle sue valli? Oh! il bel colle, e l’azzurro che io avevo sentito già mio! Che cosa mi faranno? Certo qualche cosa succede, qualche cosa si sta preparando contro di me. Che feci loro? Se almeno ci fosse ancora il vecchio Alloro! Egli è morto, morto…. morto…. diranno che è morto per me, diranno che io sono la causa della sua morte, egli è morto…. ed ora sarebbe forse la sola persona che avrebbe pietà di me, che verrebbe almeno clandestino a dirmi quello che succede, quello che mi si vuol fare, quello che mi si prepara, perchè qualche cosa si sta certo preparando contro di me. Tutto si è rovesciato dinanzi ai miei occhi in un istante….».

Mentre Perelà è assorto in questi suoi tristi pensieri, la porta della stanza si apre cautamente e si introduce come una nube nera frusciante di sete e di veli, una donna; la Marchesa Oliva Di Bellonda.

— Non mi si voleva lasciare entrare, ho dovuto lottare corpo a corpo col dragone…. ha minacciato di infilarmi nella sua baionetta…. di far fuoco sopra di me….

Ho invocato l’aiuto del Re, nulla, ministri, gentiluomini, nulla nulla nulla, ah vili! vili! Solamente da una donna ho potuto ottenere: la Regina, dalla sua grazia, non so che cosa abbia fatto, ha implorato per me, non so, ha ottenuto di lasciarmi entrare. Sono venuta solamente per dirvi che io vi amo, vi amo ancora, sempre eternamente vi amo. Dopo che ho potuto sapere tutto, dopo che mi hanno raccontata la scena di ieri sera…. sono rimasta per un po’ avvilita, schiacciata…. oh! avrei dovuto correre a liberarvi…. ieri sera guardando i miei bambini mi sono sentita una vampa di odio alla testa contro di essi…. ma…. poi ho pensato che i grandi solamente sono i colpevoli, i responsabili, e che vale assai più la pena vendicarsi sopra di essi…. oh! s’io fossi potuta correre, ad aiutarvi, a liberarvi!

Dunque, amico mio…. non so quello che sarà di voi…. credo che appunto in questo istante il consiglio di quei miserabili sia riunito per decidere di voi…. chi sa quale decisione verrà presa…. ma…. certo…. certo vorranno una vittima, due tre quanto è possibile… la fame di quei perversi animali è insaziabile, vi vorranno far del male ne sono sicura, io lotterò, farò tutto per salvarvi, tutto tutto, mi renderò lecita ogni cosa Nulla sarà infattibile dinanzi ai miei passi! Pur di giovarvi fino all’ultimo momento, e quando vi avranno bene schiacciato non mi rimarrà che perire con voi, ed allora solamente sarò tranquilla, potrò esser felice! Ma io tremo…. tremo solo per questo, se voi doveste cadere senza di me…. voglio perdermi con voi capite, voglio morire con voi! Questa sola sarà la mia ora di vita…. la mia vittoria! E se me lo impediranno sarò spietata! Mi servirò del fuoco, abbrucerò, mi servirò di lame per trapassare i cuori ridendo, allaccerò con le mie reti anime e corpi, con tutte le viltà con tutte le menzogne che da essi imparai, avvelenerò, distruggerò distruggerò, distruggerò con un solo sorriso del mio odio, finchè non mi lasceranno morire con voi. Pena! Rete! Lama! Date alle mie mani spietate gli arnesi per la mia distruzione, e datemi la forza orrenda di vendicarvi!

Non so quello che accadrà…. ma…. ricordatevi…. che io vi sono sempre vicina…. sempre sempre…. addio…. addio…. mio grande amore!

Appena scomparsa, come un’ombra, la Marchesa Oliva Di Bellonda, Perelà pensa all’amore di questa donna, al suo sacrificio. Alla sola creatura che l’ha amato. Pensa a lei, e pensa ad Alloro. «Forse anche lei rimarrà schiacciata, abbruciata dal suo amore, come Alloro dalla sua devozione…. e cadrà. Ma allora essi hanno ragione di odiarmi, gli altri, se amarmi vuol dire soccombere, hanno ragione, obbediscono al loro bestiale e naturale istinto di conservazione. Perchè Alloro si è ucciso? Perchè questa donna vuole morire? Eppure io non ho detto loro una parola sola, non ho neanche fatto loro supporre di ricambiare il loro affetto, e il loro amore….».

La porta a questo punto si apre ancora, il gentiluomo dalla testa quadra e dagli occhiali d’oro si fa sulla soglia, alle spalle si sporgono due teste che guardano, gonfie di curiosità, nella stanza.

— Signor Perelà, voi siete chiamato domattina alle ore dieci dinanzi al ministero della giustizia. Preparate la vostra difesa e i vostri difensori.