CAPITOLO I.
Due dita di coda.
Il contino crollò leggermente la testa, e proseguì di tal guisa:
—Non c’è che dire: Lodovico Albani è un perfetto gentiluomo. Avvenente della persona, giovane, ricco, elegante… Peccato ch’egli abbia quel difettuccio! Un difetto da nulla…—tanto è vero che infino ad ora qui nella borgata nessuno si è accorto?…
—Che! il signor Lodovico Albani avrebbe dunque… un difetto?
—Mi sono espresso con poca esattezza… Non è propriamente un difetto…. sibbene un accessorio… un ornamento, un vezzo, che la prodiga natura ha voluto accordargli per una di quelle bizzarie che essa talvolta si permette… onde variare la specie umana….
—Via signor contino…. voi ci fate morire d’impazienza…
Il parroco e il coadiutore ingrossavano gli occhi e allungavano il collo come avrebbero fatto dinanzi ad un cappone arrostito con ripieno di salsiccia.
È d’uopo sapere che don Cecilio Speranza e don Domenico Crescenzio, parroco l’uno, e l’altro coadiutore nella borgata di L…, detestavano con fervore cattolico il cavaliere Lodovico Albani.
Quali erano i torti del cavaliere Lodovico Albani rispetto ai due uomini di Dio?—Molti e gravi.
Lodovico Albani era cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro, e aveva acquistato il titolo onorifico coi suoi talenti, colle sue opere letterarie e scientifiche, con generosi sacrifizi di patriottismo.—I preti hanno poca simpatia pei cavalieri dei SS. Maurizio e Lazzaro, per gli uomini di spirito, e meno ancora pei patrioti.
Dippiù, il signor Lodovico, venuto di recente ad abitare la borgata, si era introdotto nella casa di donna Fabia Santacroce, ed era riuscito ad istillare nella antica bigotta qualche idea libertina. A dispetto dei due reverendi, la marchesa aveva accordata al signor Lodovico la mano dell’unica sua figliuola. Già s’erano fatte due pubblicazioni; il fidanzato era ito a Milano per provvedere i regali da nozze—al di lui ritorno la cerimonia dovea compiersi senza indugio.
Tutte le pratiche del parroco e del coadiutore onde impedire questo pericoloso connubio, erano riuscite vane.
Lodovico Albani, colla sua condotta incensurabile, avea completamente trionfato delle cabale e dei raggiri….. In paese egli era citato a modello di onestà. Generoso coi poveri, affabile, modesto, anche in casa della marchesa, egli sapeva uniformarsi alle pratiche devote, alle abitudini alquanto rigide della vecchia bigotta, adoprandosi però lentamente a combatterne i pregiudizi. Dietro consiglio del futuro genero, la marchesa aveva già introdotte nella famiglia non poche riforme. I due reverendi non eran più invitati a prendere la cioccolatta ogni mattina… I pranzi divenivano meno frequenti… Don Cecilio e don Domenico in casa della marchesa perdevano ogni giorno qualche residuo del loro potere temporale.
Guardati, o lettore, dall’odio di un prete: dall’odio di due preti non può guardarti che Dio!
Dopo tali premesse, è facile comprendere con quale ansia, con quale impazienza febbrile, il parroco ed il coadiutore attendessero le rivelazioni del contino Tiburzio.
Ed ora mi chiedete; chi è il contino Tiburzio?
In poche parole ve lo presento.
Il contino Tiburzio è un nobile della massa, mediocremente brutto, mediocremente ignorante, mediocremente maligno. Un bel giorno egli credette amare la marchesa Virginia, la chiese in moglie a donna Fabia, ma in grazia del signor Lodovico, egli ebbe una chiara e formale ripulsa
La marchesina consultata del suo voto, avea recisamente ricusato colla sentenza inappellabile: è troppo brutto.
Il contino Tiburzio si sentì trafitto nel profondo del cuore… e giurò vendicarsi.
Bisognava perseguitare il rivale…. combatterlo…. schiacciarlo… perderlo nella opinione del mondo…
Pensa, medita, studia. Che si fa? L’arte cattolica dei due reverendi aveva abortito… Che poteva sperare un uomo del secolo?
Ma l’amore è più scaltro, più maligno dell’odio. Questa volta la fantasia del contino ebbe un lampo di ispirazione. Scoperta la breccia, e concepito il piano d’attacco… egli scelse i due preti per alleati.
Io credo che il lettore non abbia d’uopo d’altre spiegazioni… Ripigliamo il dialogo interrotto.
—Dunque, signor contino; questo difetto?…
—Per carità, don Domenico, non mi fate parlare…! Temo aver già detto di troppo… Non dimentichiamo che Lodovico è alla vigilia delle nozze… Poichè finora il difetto è rimasto occulto… lasciamo correre l’acqua al suo mulino…. ed usiamo prudenza… I maligni credono che io mi abbia in uggia quel bravo giovine, perchè madamigella Virginia ebbe il capriccio di accordargli una preferenza che io non ho mai desiderata…. nè sollecitata…. Egli mi ha salvato da un abisso, ed io gliene son grato di cuore. Che altro infatti è il matrimonio se non un abisso coperto di fiori, ove l’uomo precipita inavvedutamente… e per sempre?
—Signor contino… voi sapete con chi avete a fare… Noi siamo avvezzi a serbare scrupolosamente il segreto in casi ben più gravi che non quello di cui ora si tratti… Questo difetto del signor cavaliere Lodovico non sarà di tal natura da portargli pregiudizio, ove fosse divulgato. A quanto pare si tratta di una imperfezione fisica, che certo non è molto rilevante, s’egli ha potuto nasconderla fino ad ora.
—Ah! gli abiti ne celano molte delle magagne!… e delle mostruosità. Se le fanciulle, prima di scegliersi un marito, potessero penetrare collo sguardo il fitto velame degli abiti, sono d’avviso che più tardi non avrebbero luogo tante delusioni, tanti scandali coniugali, tanti divorzi! Io vi giuro, signor don Domenico, che se alcuno susurrasse all’orecchio della marchesina il segreto che io solo conosco, queste nozze andrebbero in fumo, e il mio povero amico dovrebbe allontanarsi da L… come ebbe già ad allontanarsi da Pavia…
—Il caso è molto più grave che io non avrei immaginato, disse don Domenico fiutando una enorme presa di tabacco.
—Gli è un caso di coscienza! soggiunge gravemente don Cecilio Speranza. Perdonate s’io mi permetto di farvi un po’ di morale, signor contino; ma io credo che nella vostra qualità di uomo d’onore, nella vostra qualità di amico della marchesa, voi siate in obbligo di impedire gli scandali, di salvare una povera innocente creatura dall’abisso in cui sta per cadere, di impedire una unione fatale…
—Vi confesso che qualche volta mi è passato per la mente uno scrupolo di tal genere…. disse il contino Tiburzio, coll’accento della più viva compunzione…. Povera marchesina! sì ingenua! Sì bella….! Sì buona! Vi giuro che io ne sento pietà.
—Signor conte!… disse don Domenico, levandosi in piedi…
—Signor don Tiburzio! soggiunse don Cecilio, andando a chiudere la porta…
—Bisogna salvare questa povera fanciulla.
—Voi lo dovete.
—Voi non potete esimervi…
—La chiesa parla chiaro: Chi sapesse esservi fra’ contraenti, impedimenti, ecc., ecc., è tenuto a notificarlo a noi… quanto prima…
—In caso diverso, incorrerebbe la pena della scomunica.
—Fidatevi a noi, signor conte.
—Rimettetevi al nostro arbitrio…
Il contino esitava:
—Se, come dite voi, signori reverendi, io sono tenuto per dovere di coscienza…
—E per dover di religione…
—E per ingiunzione dei sacri canoni…
I due preti si fecero a brontolare vari testi latini. Don Tiburzio ad ogni parola, ad ogni frase, inarcava le ciglia, ed annuiva col capo in segno della più profonda venerazione.
Le argomentazioni e le citazioni sacre e profane dei due reverendi erano troppo incalzanti…. Il contino Tiburzio si lasciò strappare dalle labbra il terribile segreto…
—Ebbene! la responsabilità della mia indiscrezione ricada su voi, che mi avete istigato! sclamò il contino, atteggiandosi da vittima…. Il nostro ottimo amico cavaliere Lodovico Albani, ha… nel… fondo…. della schiena…
—Nel fondo della schiena? ripetono i due preti spalancando le bocche…
—Nel fondo della schiena il nostro amico ha una escrescenza anormale…
—Una escrescenza anormale!… ripetè don Cecilio, enfiando le gote…
—Un’appendice osseo-muscolosa, ricoperta di pelo, e lunga circa due dita…
—Una coda!!! sclamano ad una voce i due reverendi, rizzandosi sulla punta dei piedi…
—Voi l’avete detto! conclude il contino ripiegando la testa all’indietro. Il cavaliere Lodovico Albani…. il fidanzato della marchesina Virginia Santacroce…. ha la coda lunga circa due dita!
CAPITOLO II
La coda si prolunga.
Sono le dieci del mattino.
La marchesa donna Fabia Santacroce è seduta nella gran sala di ricevimento.
—C’è là fuori una visita, dice Clementina, posando sulla tavola una guantiera d’argento…
—Una visita a quest’ora?
—È don Cecilio Speranza.
—Un’altra chicchera di cioccolatta… e il reverendo venga introdotto!… Questi reverendi sanno cogliere il momento! Essi non possono rinunziare alle buone abitudini!
Il reverendo parroco di L…, appena entrato nella sala, fece un profondo inchino, e baciando la mano alla marchesa, lanciò una occhiata furtiva al cioccolatte!
—Qual buon vento, signor don Cecilio?… Presto, Clementina! Una chicchera per il nostro degno curato!… Spero che la reverenza vostra vorrà accettare!…
—Tutto che viene dalla gentilissima… ed onorandissima signora marchesa…
—Sempre disposta… ai vostri servigi…
—Obbligatissimo alle vostre grazie, colendissima signora marchesa…
Don Cecilio Speranza avea già fatto mezza dozzina di profondissimi inchini. Appena la fanticella rientrò nella sala per versargli la cioccolatta, il reverendo si assise, tolse dalla guantiera un biscottino, e immergendolo devotamente nella bevanda profumata, prese a parlare di tal guisa:
—Non è il caso, o il solo piacere di farvi una visita, che oggi mi ha condotto da voi, colendissima signora marchesa…. Io debbo parlarvi di un’affare assai grave, debbo svelarvi un segreto, dal quale dipende il decoro della vostra casa, l’avvenire della vostra famiglia, l’onore, la pace, la tranquillità della vostra amabilissima figliuola in questo mondo, e la sua salute eterna nell’altro… Siete voi ben sicura che nessuno possa spiare le nostre parole?…
La marchesa suonò il campanello.
Clementina ricomparve.
—Bada che nessuno deve entrare in questa sala, nè tampoco avvicinarsi alle porte, disse la marchesa alla cameriera in tono solenne. Io debbo conferire col signor don Cecilio di affari molto importanti…
La cameriera fece un inchino, girò intorno uno sguardo scrutatore, uscì dalla sala, fece traballare l’anticamera con quattro salti rumorosi, poi leggiera, leggiera, sulla punta de’ piedi, tornò presso la porta, e pose l’orecchio al buco della serratura.
Don Cecilio Speranza, con voce pecorina riprese a parlare:
—Voi non ignorate, signora marchesa, quanto amore io porti alla vostra nobile e generosa famiglia, quanto mi stia a cuore il vostro decoro, e qual sentimento di predilezione paterna mi leghi a quella cara e buona fanciulla che è la marchesina Virginia. Io l’ho battezzata, io l’ho iniziata alla prima comunione, l’ho diretta fino dai primi anni co’ miei consigli, colle mie esortazioni, sia in casa, sia nel sacro tribunale di penitenza… La vostra Virginia mi ha sempre ascoltato… mi ha sempre obbedito… Grazie agli aiuti della divina provvidenza, ella è cresciuta nel santo timor di Dio… In una parola ella è degna figlia di una madre, che noi abbiamo sempre citata come modello di tutte le virtù.
La marchesa crollò leggiermente la testa, facendo un sorrisetto di compiacenza.
—Era a desiderarsi, che a complemento di tante belle doti, quella santa fanciulla prediletta da Dio vivesse mai sempre fra le dolcezze della verginale innocenza… Ma questa vocazione delle anime elette non è oggidì molto comune alle fanciulle… all’età di sedici anni quasi tutte propendono verso il sesso più forte…. La vostra buona ed amabile Virginia in ciò seguì l’esempio delle altre…
—E di sua madre… interruppe la marchesa sorridendo.
—Il che prova, soggiunse don Cecilio inchinandosi, che anche nello stato coniugale si può vivere santamente… purchè la donna sia tanto avventurata da trovare un degno marito…
—Io vedo a che tendono questi vostri preliminari, disse la marchesa con qualche impazienza…. Trovereste forse a che dire sulla scelta da noi approvata… Avreste mai qualche dubbio sul carattere e sulla onestà del signor cavaliere Lodovico, il fidanzato di nostra figlia?…
—Iddio mi guardi dal nutrire il menomo sospetto sulle doti morali di quell’ottimo giovine! rispose don Cecilio ponendo la mano al petto; ed è appunto perchè io l’amo assai, e lo stimo, e vorrei dissipare ogni ombra di dubbio…
—Vedete dunque ch’io ho colto nel segno, disse la marchesa alquanto turbata… Qualcuno ha cercato insinuare nel vostro animo…
—Non nego… Il caso ha voluto che giungessero al mio orecchio certe voci…
—Ebbene, che hanno trovato a dire i maligni sul conto di questo nobile cavaliere? chiese la marchesa con vivacità. Badate, don Cecilio, che io sono in questa casa la ammiratrice più entusiasta del signor Lodovico. Se alcuno osasse dubitare della sua virtù…
—E chi mai l’oserebbe, signora marchesa? Io vi assicuro che, quanto al morale, io vi starei garante pel vostro futuro genero. Ma vi hanno, o signora marchesa (e don Cecilio immerse un altro biscottino nella cioccolatta), vi hanno certi difetti organici…. leggeri… di nessun conto, che facilmente si possono dissimulare… coprire….
—Oh! sta a vedere che qualcuno è venuto a dirvi che il signor Lodovico Albani ha il gozzo o la gobba?… Egli! il più avvenente, il più perfetto gentiluomo, che abbia posto piede nelle mie sale!
—Di tale avviso pochi mesi or sono erano tutti gli abitanti di Pavia, dove quell’eccellente amico era stato inviato dal Governo come segretario di Intendenza. Colà pure il signor Lodovico in breve tempo era divenuto l’idolo delle società eleganti e sopratutto delle donne…
—Lo sappiamo…
—Colà pure…. egli aveva trovato una giovinetta di casato nobile e ricco, alla quale stava per unirsi in matrimonio…
—Lo sappiamo…
—Ebbene, lo credereste, signora marchesa? Quando si venne a sapere che il signor Lodovico Albani aveva una certa imperfezione fisica… un certo prolungamento…
—Un prolungamento! ripetè la marchesa credendo comprendere. Ma siete voi certo, che il signor Lodovico Albani abbia un prolungamento?
—Perdonate, signora marchesa, se io debbo scendere a certi particolari che per avventura devono offendere il vostro orecchio delicato. La coscienza e il dovere soltanto mi spingono a parlare… Quanto vi narro mi fu riferito da persone degne di fede… da uomini onesti e prudenti… Il signor Lodovico Albani, come poco dianzi io vi diceva, avrebbe dunque un muscolo superfluo…
—Che orrore! Ma chi dunque ha potuto sapere…?
—Relata refero… Non appena in Pavia si ebbe sentore che il signor Lodovico era in trattative di matrimonio colla figlia di un ricco e nobile fabbricatore di formaggi, una rivale gelosa…. che probabilmente era stata in intimi rapporti col nostro gentiluomo… divulgò il fatale segreto… In meno di una giornata tutta la città seppe che il segretario del regio Intendente… aveva una coda!
—Una coda!!!
—Sì, una coda lunga quattro dita; disse il reverendo, facendo il segno della croce.
—Quattro dita di coda! ripetè la marchesa giungendo le mani.
La cameriera, che stava alla porta origliando, si alzò lestamente, scese le scale, venne in cucina, adunò il cuoco, i camerieri, ed i guatteri….. e fattasi in mezzo al circolo:
—Sapete che c’è di nuovo?…
—Che c’è Clementina?…
—Lo sposo della signora Virginia…
—Il signor Lodovico Albani!…
—Il signor Lodovico… Albani… Ma silenzio… che nessuno lo sappia per carità!…. Io l’ho udito poco dianzi per caso da don Cecilio Speranza…..
—Ebbene!
—Il signor Lodovico… Albani… ha una coda…
—Una coda!!! gridarono il cuoco, i camerieri ed i guatteri…
—L’ha detto don Cecilio Speranza alla marchesa: Il signor Lodovico Albani, lo sposo di madamigella Virginia… ha una coda lunga un braccio!
CAPITOLO III.
Due braccia di coda.
La marchesa donna Fabia e il molto reverendo parroco don Cecilio Speranza si intrattennero un buon paio d’ore a discutere sulle code in generale, e in particolare sulla coda del cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro.
Esaurita la questione, la marchesa fece un solenne giuramento che essa non avrebbe consentito mai che un animale codato sposasse l’unica sua figliuola. Potete imaginare come il reverendo parroco si partisse edificato dalla sala della marchesa.
—Ma come trovare un pretesto per sciogliere questo matrimonio?… Come avrò io il coraggio di dire al signor Lodovico Albani: voi non potete divenire mio genero, voi non potete sposare la mia bella Virginia… perchè in fondo della schiena… Quale orrore!!! E come si fa a persuadere Virginia? Che dirle?…. Ella ama tanto il suo Lodovico! Ella è sì contenta di queste nozze!….
Mentre donna Fabia passeggia per la sala in preda alla più viva agitazione, Clementina viene ad annunziarle due visite.
Sono due amiche del cuore, donna Letizia Novena, ed una vedova bigotta di circa sessant’anni, la contessa Marta Passeroni, donna attempata e carnosa, ma fresca, gioviale, burlona, che non ha rinunziato alle galanti avventure.
Le due visitatrici non hanno che a scambiare colla marchesa i primi complimenti, per accorgersi ch’ella è preoccupata da grave turbamento.
—Che hai tu, mia buona amica? Che vuol dire quell’insolito pallore?…
Donna Fabia risponde con un sospiro.
—Quali novità?… Non tenerci in pena più a lungo; dice la contessa. Saresti forse malata?
—No!… grazie al cielo… io sto bene di salute…
—Forse la tua cara Virginia…
—Povera Virginia! sospira la marchesa, crollando la testa coll’espressione del più vivo dolore.
—Malata?…
—Peggio!
—Qualche ostacolo…. qualche impedimento alle nozze?…
—Hai proprio indovinato, mia buona amica. Queste nozze sono divenute impossibili!…
Donna Letizia Novena torce gli occhi verso la soffitta, mormorando una giaculatoria in latino.
—L’ho sempre detto io, prorompe la contessa; l’ho sempre detto che quando nel mondo si incontrano due esseri come il cavaliere Albani e la tua Virginia, fatti l’uno per l’altra, creati per intendersi, per amarsi, per adorarsi, per esser felici…. sul più bello il diavolo ci mette la coda!…
—Pur troppo, mia buona amica!… Il diavolo questa volta ci ha messo proprio la coda…. Ma una coda vera… reale… una coda mostruosa… spaventevole!
E qui donna Fabia si fa a ripetere parola per parola quanto le venne rivelato dal reverendo parroco, non mancando per l’amore dell’effetto, di allungare altre due dita alla coda dell’infelice fidanzato.
Chi potrebbe indovinare quali diaboliche fantasie si destassero nella mente di donna Letizia Novena in udir proferire la parola: coda! Ella fu sul punto di svenire…
—Oh! ma s’ha da sentirne ancora! sclama la vecchia bigotta coprendosi il volto colle palme. I preti hanno ragione di predire che il finimondo è vicino! Un uomo colla coda dev’essere indubitamente l’anticristo.
—Io non credo alle baje del finimondo e dell’anticristo, soggiunse la contessa, ma credo che un uomo colla coda non abbia diritto di chiamarsi uomo…
—E voi comprenderete, mie buone amiche, prosegue la marchesa coll’accento della disperazione che io non potrò mai permettere a mia figlia… di aver commercio con un animale privilegiato di un organo, che suol essere il distintivo dei bruti…
—Capperi! hai ragione! La povera Virginia morrebbe di spavento!…
E le tre donne stettero parecchi minuti a guardarsi l’un l’altra in silenzio…
La mente umana, e più spesso la mente femminina, si lascia talmente soverchiare dalle inattese impressioni, che in luogo di esaminare i fatti ed i principii, trascorre immediatamente alle conseguenze, balzando così dall’abisso all’abisso. La contessa Passeroni, dopo breve silenzio, riportò la questione sul vero terreno.—È egli possibile, che un uomo abbia la coda? E quando ciò fosse possibile, avete voi qualche prova che il signor Lodovico Albani goda veramente di questo privilegio?
Donna Letizia Novena avrebbe creduto peccare investigando tali misteri. Ella si tacque, e cercò distrarre il pensiero dallo scandaloso argomento, meditando una parabola del vangelo.
La marchesa cominciò a riflettere seriamente…
—Mia buona amica, prese a dire donna Marta…. A me pare che innanzi di rompere le trattative di matrimonio, innanzi di contristare la buona Virginia, e di suscitare uno scandalo in paese convenga accertarsi del fatto, e averne qualche prova. Forse don Cecilio Speranza fu tratto in inganno da qualche malevolo… Questa coda nessuno l’ha veduta… nessuno la toccata… Hai detto che il signor Lodovico Albani ha dovuto fuggire da Pavia in grazia della coda… Ebbene! si scriva per telegrafo a Pavia! Io conosco il signor Frigerio, socio del club repubblicano, un novelliere, un chiaccherone che non ha il suo pari…. Egli potrà informarci d’ogni cosa…. Fra pochi minuti avremo una risposta… Se coda esiste… a monte il matrimonio!
—Questa è proprio una buona inspirazione, dice la marchesa.—Presto!…. Si spedisca il dispaccio… Il cavaliere Albani deve tornare domattina…. Prima ch’egli rimetta il piede nella mia casa, avremo nelle mani le prove di fatto….
La marchesa suonò il campanello, ed ordinò a Clementina di chiamare il maggiordomo.
Questi, che già sapeva l’istoria della coda, entrò nella sala con quell’aria di falsa compunzione, che i domestici sanno fingere tanto bene quando ai padroni tocca sciagura.
—Canella: va all’uffizio del telegrafo, disse la marchesa, e spedisci questo dispaccio…. Trattasi d’uno scherzo, d’una burla che si vuol fare al signor Albani…. Sopratutto il massimo silenzio….
Il maggiordomo, appena uscito dalla sala, si arrestò nella camera per leggere lo scritto.
—Dunque Clementina non si è ingannata…. Dunque c’è proprio di mezzo una coda! il dispaccio parla chiaro:
Signor Frigerio—Persone interessate chiedono se cavaliere Lodovico Albani abbia sei dita coda. Risposta subito.
Contessa Marta Passeroni.
E il maggiordomo corse all’ufficio del telegrafo come avesse le ali…
La risposta si fece attendere tre quarti d’ora… Donna Letizia Novena, malgrado i suoi scrupoli, malgrado il profondo orrore ch’ella avea manifestato per lo scandaloso avvenimento, offrendo al Signore un sacrifizio di insolita pazienza, rimase immobile sul suo seggiolone…
La marchesa guardava ad ogni tratto il pendolo dorato che stava sul camino… Contava i minuti… imprecava alle lentezze del telegrafo.
La Passeroni, meditando in segreto sulla natura del nuovo fenomeno, avea insensibilmente concepito una specie di simpatia per la coda del signor Albani. Ella avrebbe speso mille franchi per vedere co’ propri occhi qual sia l’effetto d’una coda applicata ad un essere ragionevole…
Finalmente i tre quarti d’ora trascorsero…. Il maggiordomo rientrò nella sala col dispaccio suggellato…
Donna Fabia lo aperse tremando….
Attratte al medesimo centro per impulso di curiosità magnetica, le teste delle tre donne si urtarono…
Lorenzo Frigerio, il fiero repubblicano di Pavia, interpretando a suo modo il dispaccio della contessa, avea succintamente risposto:
Albani Lodovico due braccia coda—perciò segretario Intendenza, presto deputato.
—Due braccia di coda! sclamò il maggiordomo!
La marchesa balzando impetuosamente dal seggiolone, sfogò i primi impeti della sua collera contro il curioso subalterno, apostrofandolo delle più violenti invettive.
—Povera marchesa! esclamò donna Marta, giungendo le mani.—Oramai non vi è più dubbio… Conviene rassegnarsi, ed agire…
Donna Letizia Novena uscì dalla sala inorridita.
—Due braccia di coda!!! Ma costui non può essere che il diavolo!
CAPITOLO IV.
L’arrivo di una coda.
I mercanti chiudono le botteghe, gli impiegati desertano dagli uffizi, gli operai cessano dal lavoro.
Già da un’ora la piazza è gremita di curiosi….
Suona il mezzogiorno… Fra pochi minuti la vettura del Ciccino deve tornare da Milano; con quella vettura giungerà il cavaliere Lodovico Albani e la sua…. coda.
—È dunque vero? chiede il calzolaio al suo compare falegname.
—Caspita, se è vero!… Il matrimonio è andato in fumo, e la marchesa ha dato ordine al portinaio che il signor Lodovico non debba metter piede in palazzo.
—Ma questa coda, chi l’ha veduta? chi l’ha toccata? domanda la moglie del parrucchiere.
—C’è chi l’ha veduta, c’è chi l’ha toccata, c’è chi l’ha misurata, risponde una vecchia. È una coda lunga tre braccia…. Bisogna giuocare il tre di primo estratto…. ovvero il settantaquattro (coda) e il ventisette (età del signor Lodovico).
Il medico del paese passeggia gravemente tra la folla in compagnia del sindaco, arrestandosi di tratto in tratto per rispondere alle interpellanze.
—Che ne dice lei di questa coda, signor dottore? S’è mai dato un fenomeno più strano, più sorprendente?
—Io non trovo nulla di strano, nulla di sorprendente che un uomo abbia la coda, risponde il medico. La natura è varia ed infinita nelle sue produzioni. Chi conosce le cause, non può meravigliarsi degli effetti. Io respingo l’opinione di quei dotti naturalisti, i quali pretenderebbero che l’uomo ad origine fosse animale codato, e che, degenerando le razze, egli abbia insensibilmente perduto questo accessorio parassita. Ma come in cielo fra milioni e milioni di astri scodati, vediamo a certe epoche apparire delle comete con una coda incommensurabile, così non trovo ragione a sorprendermi che il signor Lodovico Albani riproduca nella specie umana questo grande fenomeno, che più volte vedemmo ripetersi nelle regioni celesti.
Mentre il vecchio Galeno della borgata spaccia, a chi degnasi interrogarlo, siffatte teorie, e spiega le misteriose influenze degli appetiti o voglie femminine, le cause degli aborti e delle mostruosità; il contino Tiburzio trapassa rapidamente dall’uno all’altro gruppo, tutto lieto del proprio trionfo. Per istornare ogni sospetto, egli interroga, sorride, crolla la testa, dà la baia a questo e a quello, perfino a donna Marta Passeroni, che in tutta confidenza gli ha mostrato il dispaccio del signor Frigerio.
Don Cecilio Speranza e Don Domenico Crescenzi hanno anch’essi le loro buone ragioni per mostrarsi increduli. Il secondo è venuto sulla piazza, ma si tiene in disparte, evitando d’immischiarsi alle conversazioni. Il parroco è trattenuto in chiesa da donna Letizia Novena, la quale ha voluto consultare il suo direttore spirituale per un brutto sogno che ha fatto la notte a proposito della coda.
Ma un grido sorge dalla massa…. poi silenzio solenne…. Tutti gli occhi si convertono verso il fondo della contrada, ove la vettura del Ciccino entra rumorosamente. Perchè mai questa folla? chiede a sè stesso Lodovico Albani, mettendo il capo agli sportelli della carrozza.—Questa buona gente vuol forse darmi una prova di simpatia…. Eh! non vi è dubbio!… Si grida: viva lo sposo!….. Grazie….. bravi e buoni popolani… Io non credeva meritare sì cortese dimostrazione….
La vettura entra nell’albergo del Pavone…. Tutti i viaggiatori discendono…. Lodovico Albani, leggiero come un daino, balza di serpa in un salto….
Sbalordito dalla stanchezza, del sonno, dall’appetito, il giovine fidanzato non si accorge della ironica espressione dei volti.
Egli non può udire gli epigrammi sommessi dei circostanti…. Se qualche strana parola gli ferisce l’orecchio, è ben lungi dell’immaginare che a lui sia diretta.
Nello scendere dalla vettura, la mente del giovane sposo fu però contristata da una grave sorpresa. Perchè mai donna Fabia non è venuta ad incontrarlo? Dov’è l’amabile Virginia? Ella sapeva del mio ritorno. Come avviene che ella non si trovi qui a farmi festa, mentre tutto il paese si è mosso? Ma ecco l’amico Tiburzio…. Egli forse potrà darmi novelle…. Ben trovato, mio caro contino….
—Ben trovato cavaliere!
I due titolati si danno di braccio, e insieme attraversano la folla, mentre da ogni parte crescono le risate e i motteggi.
—Vedete come egli cammina! dice il calzolajo….. Eh! non deve essere molto comodo il portarsi attorno tre braccia di quella mercanzia!
—Ei deve trovarsi meglio di presente che non poco dianzi nella vettura….! dice un altro.
—Io non so comprendere—osserva il barbiere—io non so comprendere dov’egli possa collocare tutta quella roba…. Probabilmente è una coda a criniera come l’hanno i cavalli.
—Scommetto che ei la striglia ogni mattina e la riduce a gomitolo….
—Eh! non v’ha dubbio, dice il sartore. Se ben gli guardate, vedrete, che il paletot gli fa una piega molto pronunziata presso la spaccatura.
—Povero Lodovico! sospira la Passeroni. Quel giovine ora mi interessa più che mai… Sì, elegante! sì bello!….. Io poi…. non avrei tanta paura di una coda…. io!
Lodovico saluta colla mano e col sorriso quanti gli occorrono per via, ma egli è troppo interessato a chiedere notizie della sua Virginia, per comprendere il senso di quelle strane conversazioni.
—Tu dunque non sei più tornato in casa della marchesa? chiede Lodovico al contino.
—Durante la tua assenza, ho creduto mio dovere l’astenermi….
—Ma in paese non sarebbe corsa qualche sinistra notizia?
—No…. ch’io mi sappia…. Ma ieri e ier l’altro io sono stato a cacciare nelle paludi di Ticino in compagnia di alcuni amici…. A dir vero, anch’io mi sono meravigliato di non vedere la tua Virginia presso la vettura….
Usciti dalla folla, al primo svolto di contrada, il conte trovò un pretesto per allontanarsi da Lodovico. Questi raddoppiò il passo, e pieno il cuore di tristi presentimenti, si diresse alla propria abitazione.
Sulla porta stava ad attenderlo una donna, Clementina, la cameriera di donna Fabia, la confidente di Virginia, altre volte messaggiera d’amore, ed ora di sventura.
Il volto di Clementina annunziava disastri.
—Mio Dio!…. che sarà mai?
—Entriamo! che niuno ci vegga parlare insieme, disse la fida ancella.—Io sarei perduta.
—Vieni nella mia camera, Clementina….
—Non posso…. Non ho tempo…. Povera signora Virginia!
—Che è dunque avvenuto?…..
—È avvenuto, signore…. che qualche birbone…. qualche vostro nemico ha scoperto ogni cosa…. Voi mi intendete…. signor Lodovico!…. La marchesa sa tutto! La signora Virginia sa tutto! Il signor curato sa tutto! In tutto il paese non si parla che di questo brutto affare….
—Ma…. spiegati, mio Dio!…. Cosa si è saputo?….
—Eh! via! non stiamo a fare delle scene…. Io non ho tempo da perdere…. La mia povera padroncina è là che piange, che si dispera, che si strappa i capelli….
—Oh! presto! corriamo da lei….! esclama Lodovico, muovendo per uscire.
—Ci mancherebbe altro, signor cavaliere, per accrescere lo scandalo!…. Io sono espressamente qui venuta per avvertirvi di non provocare altri guai…. Il portinaio ha avuto ordine di non lasciarvi più entrare in casa della marchesa…. Se voi vi presentaste, nascerebbe una scena…. e al punto in cui siamo bisogna evitare nuove pubblicità!….
—Ma vorrai tu piegarmi una volta, che vogliano dire tutte queste novità, tutti questi misteri?…
—Voi lo saprete questa notte…. signor Lodovico.—Virginia avrà forse il coraggio di parlare… Io non ho potuto resistere alle lagrime, alla disperazione di quella poverina. Ella dice che non è possibile…. Ella sostiene che qualche vostro, o suo nemico vi ha calunniato…. per mandar a monte il matrimonio….
—Ah! trattasi dunque di una calunnia! sclama Lodovico…. Ma che possono aver detto sul mio conto di tanto grave, che la marchesa mi chiuda l’accesso alla sua casa…. mi tolga il mezzo di giustificarmi? In questo paese io non ho nemici…. Io non ho mai fatto male ad alcuno….
—Eh!… lo sappiamo che finora non avete fatto male ad alcuno…. Ma potreste farne…. e molto…. del male…. alla signora Virginia!….. signor Lodovico….. Le ho detto che non ho tempo da perdere… Dunque, sbrighiamoci…. Punto primo: non uscire di casa durante la giornata, e sopratutto guardarsi bene dal metter piede nel palazzo della signora marchesa. Punto secondo: questa notte, alle ore undici precise, trovarvi presso la porticiuola del giardino che mette al sagrato… Virginia verrà ad aprirvi…. Io sorveglierò perchè nessuno interrompa il vostro colloquio… Voi vedete ch’io rischio di compromettermi pei voi….Non domando altro compenso che un po’ di sincerità da parte vostra…. Guardatevi dall’ingannarla, quella povera figliuola!…. Franchezza! Schiettezza!…. Coraggio!…. Se non l’avete, tanto meglio…. se l’avete, tanto vale una confessione sincera…. Badate di non alterare la misura; poichè braccio più, braccio meno, il matrimonio non avrebbe effetto….
Quella inesplicabile conclusione pose il colmo allo stupore di Lodovico….
Clementina non attese risposta, e disparve.
CAPITOLO V.
Non v’è più dubbio.
Virginia Santacroce, la fidanzata di Lodovico Albani, ha di poco oltrepassato il terzo lustro, ed è bella come un angioletto.
Non è sorprendente—a sedici anni poche ragazze son brutte. Ciò che forse recherà meraviglia è il sapere che Virginia Santacroce ha oltrepassato il terzo lustro nella ignoranza completa di certi misteri naturali, che oggidì la più parte delle fanciulle all’età di dodici anni hanno già indovinato per istinto.
È ben vero che Virginia non fu educata in collegio; che nei primi anni ella non venne affidata alla tutela di una badessa pinzocchera; che vivendo in una borgata, ove per caso non erano altre fanciulle di nobile casato, potè scansare le pericolose amicizie e la comunanza non meno pericolosa de’ primi sollazzi infantili.
Nondimeno il fatto è meraviglioso, tanto più che alla tavola della marchesa pranzavano sovente il reverendo parroco don Cecilio Speranza e il di lui degno Coadjutore don Domenico Crescenzi, morigerati entrambi e prudentissimi a tutte l’ore del giorno, fuor che nell’ora della digestione.
La semplicità, l’innocenza della giovinetta avevano più che la bellezza affascinato il cavaliere Albani. Ne’ più intimi colloqui colla fanciulla, Lodovico non si era permesso mai una di quelle parole, uno di quei motti ambigui, di che sembrano compiacersi i giovani fidanzati alla vigilia delle nozze. Quand’anche gli fosse sfuggita inavvedutamente una allusione meno sentimentale, Virginia non l’avrebbe compresa.
Senza tali premesse, il lettore si troverebbe molto imbarazzato a indovinare per quale accidente il notturno colloquio di Virginia e Lodovico riuscisse fatale ad entrambi.
Oh! perchè non ci è dato assistere a quella scena di sublime tenerezza, a quell’ingenuo abbandono di due anime santamente innamorate! Perchè non ci è dato riprodurre il dialogo vivo, animato, interrotto da lagrime, da sorrisi e baci più eloquenti d’ogni parola?
Ma i due amanti erano celati dietro un cespuglio, e parlavano a voce sì bassa, che la fedele Clementina, stando di sentinella a poca distanza, non riusciva a comprendere un motto.
Il colloquio dei due amanti durò tre quarti d’ora… È verisimile che l’ingenua e timida fanciulla provasse una istintiva ripugnanza a profferire la parola in cui si racchiudeva la spiegazione del grande mistero….
La situazione era molto difficile…. Una marchesa di sedici anni, una creatura poetica, innamorata, inebbriata di sublimi e caste illusioni, dover chiedere all’amante, all’essere adorato: è vero e non è vero che tu possegga una…. coda?!
Io mi appello a voi, o giovanette dall’anima pura ed ingenua—ditemi—non vi trovereste molto imbarazzate nel formulare una domanda di tal genere?…
La sventurata Virginia, dopo aver lottato per tre quarti d’ora contro sè stessa, finalmente ebbe il fatale coraggio….
Immaginate la sorpresa, lo stupore di Lodovico.
—Ella osa… chiedermi…. s’io mi abbia una coda?…
Tutta la poesia, tutte le illusioni, che da parecchi mesi alimentavano nel giovane la fiamma dell’amore, svanirono al suono di quella orribile parola.
Poco dianzi mi sono appellato alle fanciulle dall’anima pura ed ingenua;—ora mi appello a voi, o giovani dall’anima ardente.—Che avreste fatto, come avreste agito nel caso di Lodovico?
Una tale domanda mi dispensa da ogni spiegazione. Come si comportasse il giovine fidanzato, nessuno potè mai indovinarlo. Fatto è che Virginia, balzando poco dopo dal frondoso ricovero, qual se avesse toccata una serpe, gettossi fra le braccia di Clementina mandando un grido di dolore, mentre Lodovico si involava per la porticella segreta.
Il grido di Virginia fu udito.
La marchesa donna Fabia, che stava in quel punto alla finestra cogli occhi fissi alla luna e la mente assorta nella coda, si riscosse, abbassò lo sguardo, e vide fra i platani del giardino correre una figura bianca… Il cuore materno indovinò che quella bianca figura non poteva essere che Virginia.
Sciagurata ragazza…! Ella avrà voluto abboccarsi col signor Lodovico….. sapere da lui se…. Ma quale imprudenza!…. Quel grido mi ha commosso le viscere…. Oh! bisogna ch’io sappia sul momento….
E la marchesa uscì da’ suoi appartamenti per correre alla stanza di Virginia….
La povera fanciulla si era gettata sul letto come persona affranta…. E nondimeno, vedendo entrare la madre, ella ebbe forza di levarsi, di correrle incontro e di gettarsele ai piedi per disarmarne la collera….
Oh! che hai tu fatto… figliuola mia!… A quest’ora!… in giardino!…. con un uomo…. che forse non è uomo…!
—Per pietà… non rimproverarmi, non affliggermi d’avvantaggio, mia buona madre!…. Confesso che io mi ebbi torto…. e te ne chieggo perdono. Quando tu lo dicevi…. avrei dovuto credere…. senza bisogno di altre conferme…. Mi era venuto un dubbio…. Mi pareva tanto inverisimile che il mio Lodovico….
—Ed ora?….
—Ora non v’è più dubbio!
—Dunque egli stesso ha confermato?…
—Ma se ti dico, mamma… che non v’è più dubbio!
E all’indomani, per mezzo della solita messaggiera,
Virginia inviò a Lodovico una lettera di formale congedo. Quella lettera non ammetteva repliche.
Due giorni dopo, il cavaliere Lodovico Albani lasciava la borgata di L.
CAPITOLO VI
La calunnia.
Scorsa una settimana, in sul sagrato della chiesa, il contino Tiburzio, incontrando ii molto reverendo sacerdote don Cecilio Speranza, ebbe con lui il seguente dialogo:
—Sapete voi, don Cecilio, che è proprio un caso da rimanerne trasecolati?
—Io non ho la fortuna di comprendervi, signor conte!
—Voglio alludere alla istoria del povero Lodovico…. all’affare della coda….
—Ebbene? vi par strano che la signora Virginia abbia ricusato di sposare un mostro, un animale di genere neutro…. un essere intermedio fra l’uomo e la bestia?
—Non è il rifiuto di Virginia che mi sorprende, colendissimo e reverendissimo signor curato…. Ciò che mi reca meraviglia è il sapere che Lodovico abbia realmente una coda…
—Che? non eravate voi sicuro prima d’ora?….
—Io vi giuro, signor don Cecilio, che quando vi ho narrato quella sciagurata istoria della coda, io aveva intenzione di celiare…. di fare una burla innocente…. Non ho dunque ragione di sorprendermi in veder realizzato un fenomeno, che io non credeva esistesse fuorchè nella mia imaginazione?
Il reverendo cavò di tasca la tabacchiera—fiutò un presa di rapè, levando gli occhi al firmamento—poi, traendo il contino presso il vestibolo della casa parrocchiale:
—Mio buon signore—gli disse con voce melata—se è vero quanto asserite, che la coda del signor Lodovico fu da voi inventata per celia innocente, conviene ammirare in questo fatto la mano sagace della provvidenza, la quale talvolta si serve di un errore per condurre i miseri mortali alla scoperta del vero… Il signor Lodovico era un uomo pericoloso… Le sue massime, i suoi principî potevano scandolezzare gli onesti abitanti della borgata…. È bene ch’egli abbia dovuto ritirarsi…. Sarà prudente non riparlare dell’accaduto, e lasciar correr l’acqua pel suo letto…. Ciò che è fatto è fatto…. Ricordatevi bene, signor contino—e don Cecilio fiutò una seconda presa di tabacco—ricordatevi bene, che quando noi preti ci mettiamo la coda, nè anche il diavolo può impedire che essa produca il suo effetto.
Il contino si inchinò profondamente, e, tornando alla propria abitazione, gli ricorse alla mente un testo latino ch’egli aveva appreso in collegio dai reverendi padri gesuiti: calumniare! aliquid semper manet.—Il qual testo parafrasato verrebbe a dire: quando volete rovinare un galantuomo, inventate pure le più incredibili calunnie—e il mondo crederà sempre!