CAPITOLO I.
La marchesa non parve adontarsi del mio epigramma—crollò leggermente la testa, e volgendomi un sorriso di compassione:
»Ragazzo!—mi disse—tu non comprendi per nulla il cuore della donna!… Iddio ti guardi dal prender moglie! diverresti troppo infelice o troppo ridicolo!»
Io mi accorsi che quella risposta era l’esordio di una confessione generale.
Discostai la lucerna, eclissandola dietro l’enorme mazzo di camelie che stava sulla tavola—e la voce della attempata peccatrice parve sciogliersi più liberamente:
»Sarò sincera con te—ti dirò tutto, onde non abbi più nulla a domandarmi od a rimproverarmi in avvenire…. Il Signore ha perdonato alla donna per aver molto amato; e i preti spingono la loro indulgenza fino ad assolvere i peccati di poco amore, purchè il colpevole si confessi con sincerità.
»Le mie debolezze—o colpe, che ti piaccia chiamarle—furono molte. Io non accuso i miei conoscenti ed amici di averle esagerate. Perocchè se io non ebbi mai l’accortezza di nasconderle quando l’occhio maligno dalla società spiava tutti i passi, per non dire tutti i pensieri della mia giovinezza—a che varrebbe ora lo smentirle o l’attenuarle?….
»Il mondo però mi ha calunniata iniquamente, attribuendo a volgare istinto di sensualità certe abberrazioni istantanee, le quali, per quanto variate e molteplici fossero, ebbero nondimeno una origine comune: il più puro, il più nobile, il più costante degli affetti!
»Tutta la mia storia potrebbe riepilogarsi in questo solo motto: ho peccato con molti per aver troppo amato un solo uomo.
»Ho impiegato la mia vita, come una antica sacerdotessa di Vesta, a custodire la sacra fiamma del primo amore. E ci sono riuscita!… Quand’anche la mia giovinezza, oramai spenta, avesse per incanto a rianimarsi e a prolungarsi rigogliosa fino alla consumazione dei secoli, io non amerei che lui…. non potrei amare che lui…. lui solo….
—Il fu marchese vostro marito?… domandai sorridendo.
—Oltraggerei la memoria di quel degno e rispettabile compagno della mia giovinezza—rispose gravemente la marchesa—se affermassi di averlo amato… d’amore. Mio marito fu il primo prodotto di quella sublime passione, che non avendo potuto esaurirsi nell’essere adorato, corse dietro per tanti anni ai fantasmi di una dolce reminiscenza….
»Perchè tu mi possa comprendere, è d’uopo che risalga al principio…
»Evochiamo l’angelo della rivelazione, il Prometeo della luce, il Dio agitatore di tutta la mia vita!…
»Crederesti?… nel profferire il nome di Adolfo, io risento una commozione sì viva, che mi sembra, come l’antica fata Morgana, uscire ringiovanita dalla vasca miracolosa.
»Egli dunque si chiamava Adolfo….
»Io lo vidi per la prima volta nel giardino della nostra villeggiatura di Medolago. Figurati una sera di maggio, fresca, olezzante e tranquilla come il mio cuore di sedici anni… Sì! compievo appunto i sedici anni la sera in cui mio cugino Adolfo mi fu presentato.
»Un bel giovane, di media statura, bruno di capelli—presso a poco i tuoi capelli, Eugenio; più crespi più vigorosi, direi quasi fiammeggianti di giovinezza….
»Ma che giovano le descrizioni? La bellezza giovanile ha dei segreti che la parola non può rilevare, nè la tela riprodurre…
»Fra Adolfo e me corse un’occhiata fuggitiva—due correnti elettriche si stabilirono fra i nostri giovani cuori.—Adolfo arrossì—io tremai—ci ricambiammo i complimenti della presentazione con voce fioca e convulsa….
»Mia madre disse:—Eccoti, Ortensia, un egregio dilettante di flauto, che verrà, noi vogliamo sperarlo, a deliziare qualche volta il nostro soggiorno campestre!
»Sarò ben felice, rispose Adolfo senza guardarmi in volto, di fare un poco di musica con voi, amabile cugina… Tutti vi dichiarano prodigiosa al pianoforte… Suoneremo dei duetti!…
»Io risposi con un’occhiata affermativa e un inchino da collegiale… Poi, per nascondere la mia viva agitazione, mi allontanai da Adolfo e da mia madre, facendomi a percorrere tutta sola i viali del parco…
»Quella notte non potei prender sonno… La bruna capigliatura di Adolfo, il suo sguardo di fuoco, il bianco e profumato sorriso, la voce insinuante, magnetica—tutto si rifletteva, come una iride voluttuosa, nel vivo cristallo della mia vergine fantasia…
»Io lo vedeva… io gli parlava come ad un amico lungamente aspettato…
»Al biancheggiare del mattino, dopo i lunghi affannosi vaneggiamenti, le mie ciglia si chiusero al sonno—ma l’anima vegliava tuttavia, nelle dolci illusioni di una musica celeste.
»Erano le note di un flauto lontano—era il canto misterioso dell’amore—era la risposta di un’anima sorella, che poche ore innanzi si era identificata colla mia… Nel sonno le mie membra si cullavano dolcemente, secondando le voluttuose cadenze… Ebbrezza salutare dei sogni! Qualche volta non sei che un riflesso, una larva sbiadita dei gaudi trascorsi…. Per me, giovinetta inesperta della vita, fosti una rivelazione di ignote delizie!…
»Eugenio, cominci tu a comprendere per quale associazione di idee voluttuose e sublimi, il flauto abbia potuto esercitare tanto fascino su tutta la mia vita?…
»I miei rapporti con Adolfo—rapporti brevi pur troppo, ma esuberanti di ogni dolcezza—non furono che un duetto di flauto e pianoforte, deliziosamente prolungato nella vicenda di interruzioni e riprese gradevolissime.
»Quel duetto cominciò all’indomani della presentazione. Adolfo, come aveva promesso, mi portò una raccolta di composizioni musicali per flauto e pianoforte, che noi prendemmo a studiare in presenza di mia madre…
»I concerti divennero quotidiani; l’arte e la passione progredirono del pari—mia madre si compiaceva, e batteva le mani, e si entusiasmava del nostro accordo perfetto…
»Così trascorrevano i giorni, le settimane, i mesi. Nè mai fra Adolfo e me ci eravamo scambiati una parola, una lettera, una stretta di mano, che equivalesse ad una franca dichiarazione. Noi ci intendavamo colla scelta dei pezzi, cogli accenti della esecuzione, col capriccio delle varianti, coll’arbitrio dei crescendo e dei rallentando, colla foga e la significante rilassatezza dei tempi…
»Qualche rara volta—per accidente—la estremità del flauto aveva sfiorato leggermente la mia spalla—il mio gomito, nelle volate ascendenti sulla tastiera, toccava… e trasaliva al contatto dell’istromento… Queste eventualità del concerto erano un eccitamento fortunato, e da esse la musica ritraeva maggior nerbo. Le fibre irritate galvanizzavano il cembalo—la voce del flauto pareva gonfiarsi… E allora nasceva quella fusione di armonie, che provocava gli applausi di mia madre…
»Mia madre era sempre là, in mancanza di altri ammiratori. La sua presenza incoraggiava l’arte e sorvegliava il buon costume…. Sia pace all’anima di quella santa donna! Ma vi è un destino, un angelo, un demonio, un Dio—chiamalo come ti piace…:—io preferisco di crederlo un Dio, perocchè ebbi molte prove di sua onnipotenza… orbene, questo Dio non permette che le anime fortemente innamorate si consumino nello sterile desiderio.—Il nostro duetto a flauto e pianoforte si era prolungato tre mesi… e la vicenda delle interruzioni e delle riprese aveva affrante le nostre forze. Adolfo dimagrava… Al finire dei concerti due solchi profondi gli scendevano dal cavo dell’occhio fino all’estremo delle guancie… Scomponendo lo strumento per rimetterlo nell’astuccio, mi guardava, e pareva dirmi: fino a quando?
»Era tempo che il Dio degli innamorati venisse in nostro soccorso…
»Il duetto ebbe finalmente una soluzione, rapida… concitata… intensa… E la scossa fu tale che io ne rimasi impressionata per tutta la vita…
»Quel giorno ripassavamo una fantasia di Rabboni sulla Straniera… Il flauto di Adolfo era più inquieto che mai… Più volte io aveva sentito la canna di ebano scivolare sotto le mie treccie—l’alito di Adolfo mi infuocava le guancie…
»Cominciava il cantabile: Meco tu vieni!…. Mia madre stava ad udirci appoggiata alla finestra che guardava il giardino…
»A un tratto ella si alza—passa dinanzi al cembalo in punta di piedi, e, accennando a noi di continuare la nostra musica, esce pian piano dalla sala.
»Mia madre—lo seppi più tardi—scendeva in giardino per sorprendere la cameriera, la quale era entrata col guattero nella serra dei limoni…
»Per la prima volta, dopo tre mesi di febbre amorosa, Adolfo ed io ci trovammo soli…. I preliminari erano già esauriti…. La musica aveva supplito eloquentemente alla parola… Fra noi erano stabiliti da un pezzo tutti gli accordi della passione, ripetuti e confermati in tutti i toni musicali…
»Non appena la porta si chiuse dietro i passi di mia madre, la sala fu sconvolta da improvviso cataclisma—Adolfo, il flauto, il pianoforte, il meco tu vieni… tutto fu travolto in un caos delizioso e terribile…
»Oh! se qualcuno fosse entrato in quel momento!… Fortunatamente il pianoforte si smosse, percorse la sala come una locomotiva a vapore… e andò a piantare la coda nel vano del caminetto.
»All’urto del mobile io mi riscossi… compresi il pericolo della situazione… mi svincolai dalle braccia di Adolfo—e balzai dalla tastiera, sulla quale inavvertentemente mi era seduta!… Noi fummo in tempo prima che mia madre rientrasse, di riparare all’immenso disordine…
»Quando la buona donna si affacciò alla porta della sala, Adolfo ripigliava il meco tu vieni!»
CAPITOLO II
La marchesa chinò il volto mestamente, e si tacque. Poi, rialzando la fronte con un movimento un po’ vivo, quasi volesse cacciare una dolorosa ricordanza:—Ebbene? riprese—cominci tu a comprendere qualche cosa?…
—Oh!… senza dubbio!… Io comprendo che, all’età di sedici anni e pochi mesi, voi eravate già iniziata ai più intimi misteri dell’amore… E non posso a meno di congratularmi con voi! Nessuno vorrà rimproverarvi di aver sprecato il vostro tempo!…
—A sedici anni la donna soccombe per inesperienza—la sua stessa onestà, il pudore, la timidezza tutte le doti più sante dell’anima concorrono a tradirla… Quando una fanciulla di sedici anni può resistere alle violenze di una prima passione, vuol dire ch’ella è già pervertita….
»In un delirio sublime ho sacrificato ad Adolfo la mia innocenza… Abbandonandomi all’amplesso fatale io diedi a quel primo, a quell’unico amante la maggior prova della mia virtù…
»Non descriverò le terribili angoscie che seguirono la breve estasi di paradiso.—Non voglio far pompa di sentimento. Io ti svolgo i segreti dell’anima mia, per ajutarti a comprendere un paradosso oltremodo dilicato—altro scopo non hanno le mie confessioni.
»Quindici giorni dopo la scena che ti ho narrato—il mio povero Adolfo moriva di terribile malattia…
La marchesa fece una breve pausa—e portò la mano agli occhi, per spremere una lacrima che tardava a spuntare.
»All’annunzio di quell’immensa sventura, corsi nella mia camera—mi gettai sul letto, piansi disperatamente, e giurai, che tutta la mia vita sarebbe un olocausto d’amore alla memoria di quell’uomo adorato…!
»Due anni passarono—anni di lutto, di vaneggiamenti segreti, di sconsolati desiderii… L’immagine di Adolfo non si partiva dal mio cuore… Nelle veglie e nei sogni egli mi era sempre presente… Io lo vedeva, lo sentiva rivivere, ascoltava la sua voce nei miei esercizi musicali, riproducendo le divine melodie, che un tempo erano il nostro colloquio d’amore… Tutta l’anima mia era piena di lui!
»Puoi immaginare, Eugenio, di qual’occhio io mirassi gli eleganti giovanotti che frequentavano le nostre sale; come io accogliessi le banali galanterie e i facili omaggi!
»In quel tempo il marchese D… mi fu presentato.
—Povero marchese! Nobile, eccellente creatura!—Vera pasta da marito.—Egli prese a corteggiarmi con assiduità;—vedendosi il meglio accolto di quanti mi ronzavano intorno con pretesa di conquista, egli fu primo ad illudersi.—Più tardi ebbi anch’io la sventura di dividere quella fatale illusione! In un momento di esaltazione magnetica, il mio labbro promise… E il marchese divenne il primo anello di una lunga catena di mistificazioni, delle quali entrambi fummo vittime.
»Egli suonava il flauto… come Adolfo.—In udire quei suoni, credetti che un nuovo amore si rivelasse all’anima mia—invece era un flauto che rinfocava un amore antico!
A questo punto la marchesa mi vibrò di sbieco una occhiata diffidente, come temesse di sorprendere un sorriso di ironia. L’espressione del mio volto parve rassicurarla, ond’ella ripigliò con coraggio:
»Qual disinganno per l’orgoglio e la fatuità degli uomini, se la donna fosse meno abile nel dissimulare le ragioni dei suoi trasporti! Fortunatamente gli uomini non possono leggerci nel cuore! e noi medesime prendiamo talvolta degli equivoci molto strani sul nostro proprio conto!
»Il marchese era un distinto dilettante di flauto… Ecco il segreto della effimera simpatia!
»Io lo accompagnava col pianoforte…. senza volgere il capo… I suoni mi beavano l’orecchio—lo strumento qualche volta mi sfiorava la pelle—un tremito mi scuoteva le fibre—tutti i miei sensi aspiravano la voluttà di un amplesso desiderato.
»Una sera, mentre il marchese preludiava sul flauto diversi temi di Bellini, mia madre mi condusse in un gabinetto attiguo alla sala—mi fece sedere sovra un divano, e accarezzandomi con insolita tenerezza, mi annunziò, che il marchese le aveva chiesto formalmente la mia mano. Dal volto, dalle parole di mia madre, dalla eloquenza ch’ella impiegava per prevenirmi favorevolmente, compresi che un mio rifiuto l’avrebbe grandemente rattristata.—Il marchese era un eccellente partito!
»Io non osava rispondere—la mia agitazione e le mie lagrime rivelavano abbastanza chiaro la mia avversione al matrimonio. Le esortazioni, i consigli, le preghiere di quell’ottima donna non avevano forza sul mio cuore…. L’anima mia era tutta assorta in Adolfo, nell’uomo, cui la mia fede era vincolata in un segreto patto d’amore. E mentre mia madre tentava sedurmi colle promesse di un avvenire beato, io vaneggiava colle illusioni, io colmava quell’eliso di delizie, collocando il mio Adolfo al posto del marchese—mi perdeva voluttuosamente in quella vita ideale, che egli solo—il mio Adolfo—avrebbe potuto realizzare.
»Io era assorta in quell’estasi divina, allorquando dalla prossima sala si partirono le note di una melodia inebbriante, che da gran tempo io non aveva più udita!—Quel suono diede l’ultima scossa alla mia sensibilità, mia madre e il marchese trionfarono della povera affascinata—ed io dentro una nebbia profumata, deviai dal sentiero prefisso.
»Il marchese suonava l’aria del meco tu vieni—quell’aria, che era stata l’ultima espressione di amore e di piacere nelle braccia di Adolfo. Mia madre, interpretando a suo modo la mia commozione, insisteva per ottenere da me una formale risposta…. Il sì tremendo mi uscì dal labbro… Ella uscì precipitosa per recarlo al marchese… Fatalità della vita!… Io aveva promesso ad Adolfo: e il marchese raccolse la fatale promessa…
»Due mesi dopo io mi chiamava la marchesa D….
La vecchia dama fece una pausa, aspettando una obbjezione. Io volli compiacerla:
—Perdonate, marchesa: io trovo un punto di inverisomiglianza nel vostro racconto… Se il consenso non era, come voi dite, che una espansione involontaria dell’anima in delirio, come avvenne che non abbiate più tardi rivocata la vostra parola, anzichè sacrificare i vostri nobili e santissimi affetti, ingannando un dabben’uomo, che pure aveva tutto il diritto alla vostra schiettezza?
La marchesa parve alquanto sconcertata, ma riprese bentosto:
—Era tanto felice mia madre!… Era tanto innamorato quel povero marchese!…. Ed io era… timida tanto a quei tempi, e tanto devota a mia madre!… La tua frase non poteva essere più esatta quando dicesti, che io ho sacrificato i miei nobili affetti!… Non lo doveva io forse, trattandosi della sola creatura che io amava al mondo, della ottima madre mia?—In chiesa, dinanzi all’altare… quando il sacerdote mi volse la terribile domanda, alla quale io non poteva rispondere senza mentire, ti confesso che fui sul punto di levarmi, strappare dal capo il velo e la corona, e proclamare alla presenza di Dio e degli uomini che io non dovea.. non poteva amare che… Adolfo!—La presenza di mia madre, la paura dello scandalo, ed anche..—vedi se il mio cuore era buono!—il pensiero di addolorare e coprir di ridicolo un uomo che sinceramente mi amava, paralizzò quell’impeto di passione, e il sì irrevocabile fu proferito!…. Eugenio, tu non puoi ideare quanto costi ad una misera donna il doversi prestare ai trasporti di uno sposo… giovane… ardente… impetuoso!… La mia virtù mi sostenne… Il matrimonio dava al marchese dei diritti, e mi imponeva dei doveri… io ebbi l’eroismo del sacrifizio—mi sottomisi!
»Che ti pare, Eugenio, della mia annegazione, del mio coraggio?…
—Vi trovo sublime!… continuate!…
E presi l’atteggiamento del credenzone stupefatto.
CAPITOLO III.
»Il mio amore per Adolfo era un segreto fra me e Dio… proseguì la imperturbabile donna—ma desso non mi fece dimenticare che fra me ed il marchese era seguito un atto pubblico e solenne—ed io promisi rispettarlo, e corrispondere all’affetto di mio marito con una fedeltà irriprovevole!…
»Sa Iddio se quel voto era sincero!… Giuro per quanto vi ha di più sacro sulla terra, per la memoria di Adolfo, per le ceneri della mia dilettissima madre, che, per circa due mesi, nessun uomo, fuori di mio marito, potò vantarsi di avermi toccata una mano…
—Caspita!…. due mesi di fedeltà!… Permettete, marchesa, che io vi esprima la mia ammirazione!…
—L’ironia è fuori di proposito, Eugenio! Noi ci avviciniamo all’episodio culminante, nel quale si racchiude la spiegazione di tutta la mia vita…
»Il marchese non ebbe che un solo rivale—il fantasma di Adolfo.—Qual colpa ebbi io mai, fragile creatura, se il destino mi pose al fianco un marito, il quale non cessò mai, finchè visse, di evocare in proprio danno una larva irresistibile? Io non ho mai ceduto alle insistenze dei miei adoratori, se non quando essi vennero a me colle sembianze di Adolfo—presentati, condotti, introdotti dal…. flauto di mio marito!—E dire che quel povero dabben uomo sceglieva sempre, per soffiare nel flauto, i momenti più pericolosi… alla sua sicurezza coniugale!
»Due mesi erano trascorsi dalle nostre nozze. Eravamo alla campagna, in un magnifico casino a poca distanza da Varese. Un amico di mio marito, il conte Smilza, venne a trovarci—mio marito lo pregò di rimanere con noi qualche giorno. A quell’epoca tutto il mondo fu scandolezzato della avventura.—La mia relazione col giovane conte fu, pei due mesi di autunno, il pascolo più ghiotto della malignità villeggiante… Tutte le apparenze m’accusavano. Qual altri fuori di me, avrebbe potuto sapere, che il solo, il vero colpevole di quella sciagurata avventura, era…. il flauto di mio marito?
»Il conte Smilza era ciò che nel mondo elegante suol chiamarsi un bel giovane—vale a dire: una figura simetrica e suscettibile di quella distinzione artifiziale, che i ricchi possono procacciarsi a buon prezzo dal sartore e dal parrucchiere!
»Io non comprendo come alcune donne possano innamorarsi per la semplice attrazione della bellezza fisica. Le doti personali del conte non avrebbero prodotto nell’animo mio veruna impressione, se non avessi riscontrato nel di lui volto qualche rapporto di somiglianza con un tipo adorato… Il conte Smilza aveva le sopraciglia, il naso, e i mostacchi di Adolfo!… Tanto bastò, perchè in vederlo la prima volta, io provassi una viva commozione. I miei occhi si fermarono a contemplarlo con simpatia… Sentii una leggiera vampa di rossore salirmi alle guancie—e il contino, illudendosi sulle cause del mio turbamento, si credette in obbligo di farmi la corte…
»Ferma ne’ miei propositi di onestà, io mi studiava di evitarlo, di imporgli soggezione col mio freddo contegno—sopratutto io sfuggiva tutte le occasioni di trovarmi sola con lui. Lo scellerato poneva altrettanta costanza nel perseguitarmi! Per lui il progetto di conquista, in pochi giorni, era divenuto passione, amore irresistibile… Mio marito, il buon uomo!… favoriva tutti i piani strategici dell’ospite amico…
»Due settimane trascorsero senza gravi conseguenze… Qualche volta, per simpatia di ricordanze, i miei sguardi indugiavano troppo espressivi sulle sembianze del conte. Egli ringalluzziva… prendeva coraggio—ma tosto la mia indifferenza e la mia austerità gli imponevano nuovo freno. Non aveva egli ragione di trovare inesplicabile la mia condotta?
»Le apparenze erano tali, ch’egli poteva credermi una civettuola capricciosa ed altera, il tipo di quelle donne di marmo, che si piacciono di veder liquefare gli amanti!
»Io aveva già provata la mia virtù negli intimi e solitari colloqui, ed ero uscita vittoriosa. Mi tenevo sicura di me stessa, forte a qualunque attacco. Da ultimo mi abbandonai improvvidamente al pericolo, non sospettando, che il poco formidabile adoratore dovesse avere quandochessia un alleato irresistibile… onnipotente—il flauto di mio marito…
»Sull’imbrunire di una tepida giornata, il conte mi offerse il suo braccio per accompagnarmi ad una passeggiata in giardino. Mi opposi dapprima, quasi presaga del pericolo—poi cedetti alle insistenze di mio marito, che promise raggiungerci.—Il marchese era predestinato!—Obbedii… Scendemmo in giardino… percorremmo un lungo viale… ci internammo in una specie di labirinto… alla fine, ci trovammo assisi sovra un banco di pietra circondato di mirti.—Sul nostro capo un padiglione di fiori—sotto il piede un tappeto di muschio e di timo selvaggio….
»Il conte non aveva proferito parola durante la passeggiata—e frattanto la mia mente fantastica si era smarrita nel prediletto sentiero delle rimembranze… Io dimenticava di aver al fianco un nemico, un cospiratore, il quale spiava il buon momento per aprirsi una breccia nella mia virtù!… Troppo tardi me ne sovvenni, quando, seduti nel misterioso boschetto, il conte prese la mia mano, la portò con violenza alle labbra, e gettandosi alle mie ginocchia…
»Egli tentò un assalto da vero maestro—senza proferire parola—con quella audacia, che è propria delle grandi passioni.
»Feci uno sforzo per respingerlo… per levarmi in piedi—ma in quel punto un suono fatale…. giunse al mio orecchio… mi turbò i sensi… mi paralizzò le forze… ed io rimasi soggiogata dal fascino melodioso… Mio marito, da una finestra del casino, salutava il sorgere dalla luna cornuta, intuonando sul flauto l’aria del meco tu vieni!»
La marchesa interruppe il racconto con un sorriso un po’ equivoco, quasi a lasciarmi dubitare ch’ella parlasse per celia. La ipocrisia ebbe un lampo di pudore, ed io seppi frenarmi, e contrapporle la dissimulazione più perfetta.
CAPITOLO IV.
»Questa prima infedeltà coniugale—proseguì la marchesa—e colla parola riprese tutta la serietà di chi confida nella altrui dabbenaggine—questa prima infedeltà spiega tutte le altre, anzi le giustifica tutte.—Io non intendo narrarti i cento episodii di questo dramma, che durò ventidue anni, fino alla morte del marchese. Le sembianze di Adolfo e il flauto di mio marito non cessarono mai dal perseguitarmi. Gli uomini, sempre ingrati e crudeli colla donna che si abbandona, anche involontariamente, alle loro seduzioni, dopo aver profittato dei miei deliqui, mi carpirono nuovi favori colla minaccia dello scandalo. Quante volte io dovetti sacrificarmi alla pace di mio marito, al decoro della famiglia, ai pregiudizii del mondo!… Quante volte, rialzandomi da una fatale caduta, io mi trovai in potere di un despota appassionato, il quale usufruttando i miei terrori, non si vergognò di impormi il sacrifizio della mia virtù, a patto di mantenere il segreto! E credi tu, Eugenio, che io sia riuscita a salvarmi dalla pubblica maldicenza? La più parte de’ miei fatui adoratori violò ignobilmente la promessa; io fui disonorata, infamata dalla calunnia, quale una Messalina! Manco male che le accuse vigliacche non giunsero all’orecchio di mio marito… Il buon uomo portò nella tomba la miglior opinione della mia onestà, come avviene ordinariamente a tutti i buoni mariti!
»Ed ora—esclamò sospirando la marchesa—la mia confessione è finita… Tu sai come io abbia molto amato… e amato un sol uomo!… Vediamo se il tuo giudizio vuol essere inesorabile come quello del mondo!…»
—No! la vostra confessione non è finita, risposi dopo breve silenzio. Voi mi parlaste della vostra vita coniugale—e quand’anche io fossi tanto buono da ammettere il flauto di vostro marito come circostanza mitigante, vi resterebbero ancora non poche debolezze da giustificare—quelle che appartengono alla vedovanza. Il flauto magnetico avea già cessato di suonare, allorquando, or fanno pochi anni, in una sola giornata…
—Vedo…. vedo…. a che si riferiscono le nuove accuse, interruppe la marchesa con qualche imbarazzo.—Tu alludi alla battaglia di Magenta…. all’ingresso delle truppe alleate!… Io aveva dimenticato che quella istoria si è fatta di ragione pubblica, per l’indiscrezione di uno sciaguratissimo turcos, il quale osò pretendere… l’impossibile!
»Poichè mi ricordi quell’episodio, ti dirò che esso non ha nulla a fare colla mia vita, co’ miei sentimenti, colle mie passioni di donna. A quell’epoca io aveva già cessato di appartenere ad un sesso…
»Dopo la morte di mio marito—cessati gli eccitamenti quotidiani del flauto—disingannata dalla società—insterilita da una sequela di sfortunate emergenze—nel mio cuore si spensero le ultime faville della sensibilità.—Perfino la imagine di Adolfo cominciò a presentarsi sbiadita nelle mie ricordanze!
»Una crisi terribile è questa nella esistenza della donna, quando in lei inaridiscono i più nobili affetti!… Molte sconsigliate, a questa epoca della vita, trabordano in ridicole civetterie; talune si danno al giuoco altre a tiranneggiare la gioventù, a tormentare la famiglia col pretesto di educare; moltissime si consacrano alla devozione, offrendo ai preti un logoro avanzo, e a Dio il rifiuto dei preti!
»Meglio ispirata, io mi infervorai di patriottismo, e presi parte alle agitazioni politiche del momento!
»Era giorno di festa per Milano!… I Tedeschi scappavano a rompicollo… entravano i Francesi, i Piemontesi, i nostri!… Inebbriata di entusiasmo, apersi la mia casa ai liberatori, e il primo dei miei ospiti—uno zuavo, tutto ancor polveroso e schiumoso per le fatiche della marcia—non mi lasciò tempo da esprimergli la mia riconoscenza, e fece un assalto di sorpresa, che… per mia sbadataggine… gli riusciva a meraviglia. Che poteva io, debole donna, contro un espugnatore di Malakoff? Da qualche tempo non ero più abituata a simili assalti…. nè avrei osato sperare… cioè… temere, che per me sussistessero ancora di tali pericoli!
»Or vedi fatalità!—Un bersagliere piemontese… si accorse, od ebbe sospetto, della buona fortuna toccata allo zuavo, e il giorno istesso mi fece delle proposte, che la mia virtù non poteva a meno di respingere fieramente.—«Oh!… sta bene!… esclamò il bersagliere con accento desolato: tutto pei Francesi… e niente per noi… Quale disgrazia chiamarsi soldati italiani!…
»Quelle parole mi trafissero l’anima;—io compresi che il povero figliuolo si teneva umiliato dalle mie ripulse… Era offeso dalla preferenza accordata allo zuavo… Mi credette avversa al Piemonte… Era mio dovere disingannarlo—e lo feci con tutto il cuore.
»Una scena poco dissimile mi accadde più tardi con un povero soldato di linea, il quale parimenti si lagnava che i bersaglieri, in grazia della uniforme più elegante e bizzarra, venivano di preferenza festeggiati. Quel ragazzo mi fece pietà; volli consolarlo… E se io non mi fossi ribellata al quarto pretendente—un turcos dall’aspetto terribile—avrei forse evitato una rissa fra soldati, nella quale il mio patriottismo fu rivelato ed esposto agli ignobili commenti de’ miei concittadini!… Non importa! Io perdono ai giornalisti la indegna interpretazione di quel fatto! Ho agito per patriottismo, e col massimo disinteresse… La mia coscienza è tranquilla!
»Or bene, Eugenio; posso io sperare che tu mi abbia compresa?…
CAPITOLO V.
—Sì: vi ho compresa perfettamente, risposi con qualche vivacità—forse meglio che voi non comprendiate voi stessa.
»Io non vi accuserò di ipocrisia… Qual’è la donna tanto abbrutita nel vizio, che, alla sua volta, non sappia creare un sublime sofisma, per coonestare la propria condotta?—Ciò è nella stessa natura del sesso—e voi, marchesa, oltre all’esser donna, appartenete ad una classe sociale, dove suol farsi uno inverecondo abuso di cotali sofismi!
»Io mi guarderò bene dal turbare la vostra coscienza con degli scrupoli inopportuni. Solo mi permetterò di farvi notare, come vi siate stranamente ingannata sulla origine dei vostri traviamenti…
»All’età di sedici anni, la prima volta che vi trovaste da sola a solo con un suonatore di flauto, voi soccombeste senza il menomo sforzo di resistenza… Credeste in quel giorno innamorarvi di un uomo, ed oggi ancora vi sembra di aver amato un uomo per tutta la vita. Ecco l’errore!… Voi vi innamoraste di un flauto, e non siete vissuta che per il flauto…
—Di mio marito?
—Perdonate, marchesa—io parlo del flauto in genere… E credo che la più parte delle donne prendano lo stesso errore…
La marchesa ascoltava senza dar segno di irritazione—da ultimo sorrise maliziosamente, e pareva sul punto di dichiararsi convinta… quando un suonatore girovago passò sotto le finestre, e si fece a soffiare nel flauto quattro note stonate.
La marchesa ritorse gli occhi, e lasciò cadere le braccia con significante abbandono—onde io, vedendo a che mirasse lo stratagemma, anzichè espormi a qualche imbarazzo, prevenni lo svenimento e uscii dalla sala.